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Una Repubblica virtuale fondata sull'Evasione Fiscale

19 Gen Una Repubblica virtuale fondata sull'Evasione Fiscale

Mario Monti, il governo tecnico e le mancate elezioni. La crisi, la cinta che si stringe, il jingle dell’elusione del pagamento delle imposte che torna puntuale come un tormentone estivo. L’Italia è davvero una Repubblica virtuale fondata sull’evasione Fiscale? Battute a parte, non si ricorda a memoria d’uomo un’Italia in cui non esista la tendenza diffusa fra i cittadini ad eludere, in parti più o meno consistenti, il dovere di contribuire all’erario per il bene della collettività. I nostalgici del ventennio reclamano il merito del loro Duce di essere riuscito ad estirpare mafie e corruzione dallo stivale. E mettiamo anche che sia essere vero: sono comunque oltre 70 anni che in Italia si evade il fisco, con intensità e fortune alterne. Una cultura ed una pratica estremamente diffusa tanto che fra i paesi membri dell’unione europea il nostro si colloca – open data alla mano – appena un gradino più sotto del podio per quando concerne la classifica dei più negligenti, superato solo da Grecia, Slovacchia ed Ungheria. Paesi che non se la passano esattamente nel migliore dei modi possibili.

Non stupisce allora che nel momento in cui la curva della crisi incrocia quella del rigore torni a fare capolino il tema dell’evasione fiscale. Gli italiani sono evasori fiscali, non pagano le tasse. I soliti ritornelli. Quello che c’è di nuovo è che sulla rete fanno capolino con frequenza sempre maggiore siti in cui gli utenti possono segnalare in pochi semplici click una avvenuta evasione. Possono georeferenziarla, metterla su di una mappa e condividere assieme agli altri utenti della rete la propria esperienza, quella di cittadini derubati, codardi ma al contempo eroi. Lo scontrino non lo chiedi direttamente all’esercente che non te lo rilascia, ma la condivisione rispetto la mancata consegna è più che un’emergenza, da risolversi immediatamente e possibilmente on-line.

Una specie di “moda” che prende le mosse da quello che fra gli internet-tuali viene chiamato crowd-sourcing:

Il termine crowdsourcing (da crowd, gente comune, e outsourcing, esternalizzare una parte delle proprie attività) è un neologismo che definisce un modello di business nel quale un’azienda o un’istituzione richiede lo sviluppo di un progetto, di un servizio o di un prodotto ad un insieme distribuito di persone organizzate in una comunità virtuale. Questo processo avviene attraverso degli strumenti web o comunque dei portali su internet.
(Wikipedia)

Siti web come www.tassa.li o www.evasori.info  sono il risultato della diffusione del sentimento di impotenza provato da buona parte dei cittadini italiani nei confronti di un disagio come quello dell’evasione fiscale. Un disagio così grande che riesce a mettere uno contro l’altro gli abitanti di una nazione, di un paese.

Se infatti progetti di crowd-sourcing come quelli segnalati rappresentano importanti esperimenti di partecipazione e democrazia dal basso, potenziali esempi di web-o-crazia – nel caso in cui la popolarità di questi dati dovesse aumentare e così come sperano i promotori del progetto tassa.li il sito dovesse riuscire a  “diventare uno strumento di sensibilizzazione dell’opinione pubblica” –  dall’altro queste esperienze contribuiscono a creare una nazione fondata sul reciproco sospetto, la frode e la violazione dell’identità reale a scapito di quella virtuale.

Senza evocare il pessimismo di un grande come Jean Baudrillard, quelle nebulose per quanto attuali allusioni rispetto l’iperrealtà – le logiche che guidano internet 2.0, i profili, le relazioni, le convinzioni, sembrano essere il frutto di una profezia fatta nel cuore degli anni ’70 – questo genere di strumenti incarna al contempo una natura utile e pericolosa, in base a quanta competenza abbiamo nel saperli usare ed interpretare.

Appena mi sono imbattuto in questo genere di siti – come al solito in ritardo rispetto alla massa, sono online dalla fine del 2009 – mi sono subito interessato alla loro natura ed al loro funzionamento. APIs di Google, utilizzate in modo abbastanza ordinario.Il dato che possiamo raccogliere è che nel comprensorio cesenate sono state effettuate circa 33 segnalazioni da parte degli  utenti; la tipologia di esercizio più segnalata e quella di “Bar e Ristoranti“, mentre quella con l’evasione più alta è quella di “Negozio“.

Ora la domanda è questa: la carrozzeria sopra la quale pende la simpatica bandierina di Google con il relativo tooltip all’interno del quale campeggia come un epitaffio la scritta “Negozi | Cesena | 1,300 euro” sarà veramente così entusiasta di questa esperienza di crowd-sourcing a cui i cesenati sembrano aver aderito in modo sommesso ma convinto? Saranno elettrizzati dal sapere i propri concittadini così attivi e dinamici sul web, anche per finalità tendenzialmente sociali ed orientate al bene collettivo? Molto più semplicisticamente, sarà stata posizionata correttamente quella bandierina? Ci sarà stato davvero un reato? E se sì, si tratterà di evasione fiscale oppure di diffamazione?

Domande a cui sarebbe molto stimolante dare una disposta, anche in una Repubblica Reale, magari fondata sul lavoro, possibilmente onesto e degnamente retribuito.

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