04 Mag Samsara Blues Experiment | Recensione “One with the Universe”
Il mondo in cui viviamo non è che un miraggio della vera esistenza che ci accoglierà chissà quando. E in questo mondo chi la fa da padrone è la sofferenza, il blues. Ma non ci diamo per vinti e sperimentiamo, perché è nella ricerca di una via d’uscita che diventiamo migliori.
Se dovessi descrivere in poche parole il nuovo disco dei Samsara Blues Experiment direi che “l’esperimento continua” e che parallelamente “continuano ad arrivare dei risultati”. Sì perchè One With the Universe – questo il titolo del quarto episodio della saga dei Samsara Blues Experiment , in uscita il 12 maggio per Electric Magic Records – è un disco altro rispetto ai suoi predecessori, ma che in qualche modo ne eredita il percorso, esaltandolo.
Si parte con lo schiaffo di Vipassana dove il van dei Samsara di Revelation & Mistery raccoglie un George Harrison in cerca di un passaggio verso la valle delle distorsioni e del drop tuning. Passano solo dieci minuti ed è impossibile non gridare al capolavoro, quando parte Sad Guru Returns: una vera e propria gemma, un pendolo, guidato come un saperas incanta il proprio serpente dalle soluzioni ritmiche di Thomes Vedder, che collega Sleep ed Elder ai Tangerine Dream, le roccaforti della Canterbury Progressive alla Varanasi del misticismo indù. La voce di Christian Peters, dimenticata nel secondo brano, torna in Glorious Daze e lo fa senza mezze misure: un brano in cui ritmi latini e melodie inaspetate si alternano a ritornelli taglienti e sitar psichedelic “pop”.
La titletrack One with the Universe è un classico accordato in minore, dove il basso di Hans Bob sorregge architetture armoniche complesse, costruite con una muratura multioclore, fra chitarre di Kashmir di zeppeliniana memoria, sintetizzatori post stoner solenni e groove figli dei Birth Control. E se in tutti gli episodi precendeti la tavolozza dei colori armonici e compositivi viene utilizzata in modo inedito e soddisfacente, nella conlusiva Eastern Sun & Western Moon il trio berlinese gioca a dissimulare il tempo che è trascorso dal loro esordio, quel Long distance trip che da subito li ha consacrati come una band dal suono unico, non derivativo e carico di energia.
Sempre bello scrivere di dischi ispirati, questo è certamente uno di quelli. Prendete e ascoltatene tutti: https://samsarabluesexperiment.bandcamp.com/
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