03 Ott Recensione Album | Surreal Sound Project – Chasing Dawn (2024)
Totally self produced and recorded at home. Non è il titolo dell’ultima fatica di Diego Marchionni ma è un estratto dalla presentazione di Chasing Dawn, lavoro firmato Surreal Sound Project.
Un percorso la cui direzione è abbastanza chiara: treno che parte dalla sala prove in direzione Liverpool / Canterbury, passando per la stazione Placebo (quelli di Nancy Boy) e quella di Casablanca (Julian) attraverso un paesaggio indie-surf-rock, in cui si stagliano arrangiamenti interessanti e soluzioni armoniche psichedeliche. Certo una tratta molto trafficata, antropizzata, in cui si contano davvero tanti passeggeri, che ogni giorno si alternano sulle carrozze del convoglio e in cui il sapore di novità ormai va cercato con il lanternino, nella gioia delle piccole cose.
Mentre le tracce si susseguono nel player di Spotify, questa auto produzione oscilla fra l’idea di essere in ascolto di qualcosa di grande e qualcosa di ancora acerbo. The Moon on a Bench e The Moon on your Head si muovono su territori floydiani con un sufficiente tasso di savoir-faire, Infatuate aggiunge un tocco indie rock alla Jennifer Gentle (rauchi) che rimane credibile, per quanto scarno nella produzione. Contrails è uno fra tanti riff surf-beat, Low tide una ballata incompleta. In Cologne poi si torna a fare sul serio: un brano strumentale che alterna ritmi solari e dimezzati ad accordi diminuiti di synth che intercettano alcune intuizioni avute già qualche anno fa dai Tame Impala, ma sempre eleganti. Anche Struggle nella sua semplicità, chitarra e voce, fila veloce e arriva grazie ad armonie interessanti e mai banali. Con il riff di The Fuse / Cannibal torniamo al classic rock della migliore summer of love, a metà fra Paperback writer e Willy the Pimp, mentre Cannibal sembra un demotape scartato dei Muse. Dreambound è un brit pop melodico ma non particolarmente incisivo.
Una carrozza quella in cui viaggiano i Surreal Sound Project che in definitiva deve ancora fare tanta strada per arrivare a destinazione, ma il tempo come le idee ci sono e già questa è una buona notizia: la stoffa questi ragazzi non manca e l’incoraggiamento ad andare avanti è solo una parte di quello che i Surreal Sound Project meritano. La produzione invece, quella sì, non è ancora ben a fuoco, tanto negli arrangiamenti quanto nelle scelte estetiche sui brani o nelle tipologie di suono da mettere sul piatto quando viene chiesto un ascolto. Un’autoproduzione genuina e onesta che ho apprezzato più di altri ascolti apparentemente più maturi, che in realtà si sono rivelati per essere dei semplici vagoni vuoti, diretti nessuno sa dove.
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