04 Mag DEADPEACH “2” Album Review
Vi chiederete chi sono i Deadpeach e quale fosse il loro album numero 1. Di certo il trio di Cattolica non è una di quelle band da copertina di giornali e da interviste sui magazine. La loro storia però è quella di una band di culto: attivi dalla metà degli anni ’90, Giovanni alla chitarra e voce, Steve al basso e Federico alla batteria (quest’ultimo inserito nella line up solo da qualche anno) hanno all’attivo oltre 10 pubblicazioni, per etichette italiane ed estere, fra cui spicca la stampa in vinile risalente al 2006 del loro penultimo lavoro in studio “Psycle”da parte di Nasoni Records, pubblicato in Italia l’anno precedente dalla mitica Godown Records. Ma veniamo al suono. “2” è un disco in cui punk, stoner e progressive si fondono in una miscela
fatta di fuzz e liriche illuminate ed illuminanti cantate in italiano (un ritorno alle orgini per la band di Cattolica, dopo la parentesi anglofona di Old Fuzz Generation e Psycle).
“2” è sicuramente il disco più “caldo” del power trio romagnolo e a goderne è indiscutibilmente l’orecchio di chi ascolta. Merito di Daniele Marzi in fase di registrazione e dell’Atomic Studio di Enrico Zavalloni in fase di Mastering. Ed ovviamente delle scelte della band. C’è molta attenzione epr idettagli, ma anche tanto amore per quel “buona alla prima” che spesso è capace di trasformare un disco qualunque in un disco di carattere. “Cameriere” è il pezzo heavy blues che i Tre Allegri Ragazzi Morti non hanno mai scritto, “Universo” è un palco immenso su cui jammano il Balletto di Bronzo ed i Fu Manchu, mentre “Non Sarà” è la ballata che non ti aspetti. Il lato A si chiude con “il Mattino”: l’intro strumentale è da manuale della psichedelia, tappeti di buio e respiri di basso, poi la chitarra squarcia la serranda e lascia trasparire luce fatta di flauti prog e suoni dilatati. Fra gli episodi più riusciti del lato B – l’ apertura è lasciata al fuzz bradipizzato di “Nel Bosco“, “L’ora” è un omaggio al Settimo Sigillo di Ingmar Bergman – ci sono “Le Scarpe Nuove“, capolavoro di fango e miele Seattleiano, e la chiusura “Bombay“, oltre 7 minuti di drone e loop che hanno quasi lo stesso gusto dell’india assaporata da George Harrison e compagni. Ok ho detto quasi, ma dico quasi per davvero! Ultima nota intonata l’artwork di Lorenzo Anzini che fra funghi volanti, Ufo, Fuzz, ragazze freak e moke stilizzate inquadra a pieno il suono di “2” e ne esalta la sincerità.
Si insomma, se non si era ancora capito “2” è un disco della madonna: probabilmente niente copertine e fama per celebrare l’ultima uscita delle pesche morte, ma il vostro stereo certo ne godrà e ve ne sarà eternamente riconoscente.
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