11 Apr Keith is Back in Town – Keith Haring a Pisa
La storia che lega Pisa a Keith Haring è vecchia di almeno 30 anni. Era il 1989 infatti quando l’artista newyorkese venne invitato nel capoluogo toscano da Piergiorgio Castellani ad effettuare quella che sarebbe divenuta la sua più grande opera-performance nel vecchio continente, oltre che una sorta di testamento spirituale intitolato Tuttomondo, a due passi da Piazza Vittorio Emanuele. Da allora la città vive un profondo senso di riconoscenza nei confronti di Haring, che si è protratto nel tempo, anche dopo la sua morte, avvenuta pochi mesi dopo l’esperienza pisana per complicazioni legate all’Aids, malattia di cui Haring soffriva da anni.
La mostra è composta da oltre 170 opere, ospitate all’interno degli spazi dell’elegante Palazzo Blu – realizzata grazie alla collezione privata gallerista giapponese Kaoru Yanase – e attraversa tutta la fulminea carriera dell’artista newyorkese: dai primi graffiti nelle fermate della Metro della grande mela della prima degli ’80, realizzate con gessetto proprio sugli slot pubblicitari invenduti dell’advertising tradizionale, fino al progetto Apocalypse del 1988, realizzato da Haring assieme al poeta eroe della beat generation William Burroghs, poche settimane dopo aver scoperto della sua malattia. Di lì ad un paio d’anni le condizioni di Haring si sarebbero aggravate fino al giorno della sua scomparsa il 1 febbraio del 1990. Appena dieci anni di una fama travolgente in costante ascesa, una vera icona pop baciata dalla maledizione di Andy Warhol e di quella celebrità ad orologeria, che con Keith Haring trascende ogni limite di tempo, scambiata tuttavia al prezzo più caro.
Nessuno come Keith Haring ha incarnato quel sentimento e quella gioia creatrice nata per essere messa a disposizione davvero di tutti, nelle strade, sui muri delle case, negli spazi liberi. Lo dimostra la sua storia, lo dimostrano le sue opere, così colorate, così iconiche e primitive, che riuscivano e riescono tutt’oggi a centrare il bersaglio del significato e della verità negli occhi di chi non possiede un background culturale erudito come invece in quelli di critici, e addetti ai lavori.
La mostra – che si chiude il 17 Aprile 2022 – rappresenta dunque un bellissimo omaggio che la città di Pisa ha voluto e saputo regalare all’artista americano, anche nonostante le complicazioni che inevitabilmente sorgono quando ci si appresta ad organizzare un evento di questo tipo. Il fatto stesso che non esista un Catalogo ufficiale della mostra – “la Fondazione Haring non ha dato consenso a pubblicare materiale dell’artista” si legge su un cartello all’interno del Book Shop – dimostra come, nonostante il messaggio di Keith Haring fosse un messaggio di inclusione sociale e creatività, molte cose sono cambiate, anche fra coloro che oggi portano avanti la sua visione del mondo, il suo segno, il suo disegno.
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