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Una cosa divertente che non farò mai più: andare a F.I.C.O.

Una cosa divertente che non farò mai più: andare a F.I.C.O.

28 Set Una cosa divertente che non farò mai più: andare a F.I.C.O.

Che FICO Eataly World sia un luogo in cui il concetto di fare affari non sia condiviso fra domanda e offerta lo si capisce già dall’ingresso. Ditemi voi qual è il supermercato che fa pagare il biglietto del parcheggio per le soste più lunghe di due ore. Supermercato di 100.000 m², con altrettante migliaia di metri di parcheggio, completamente deserte. Qualche persona inizia a vedersi intorno all’ora di pranzo, ma a fare beni conti è facile accorgersi che qualcosa non va… Da romagnolo la mia unità di misura, il mio paniere Istat, non può che essere il prezzo di una piadina che normalmente si acquista per pochi euro… Diciamo 3€. A FICO Eataly World lo stesso prodotto ne costa 6,9€, e supera i 10€ per le versioni gourmet.

Se questo è l’algoritmo, la proporzione rispetto a tutto il resto degli articoli presenti all’interno di quello che non è nient’altro che un enorme centro commerciale per turisti non italiani, capiamo bene come questo luogo possieda un target all’interno del quale è meglio non ricadere. È il luogo perfetto per uno di quei pullman di turisti giapponesi in sosta durante il loro viaggio di spostamento tra Roma e Venezia, tutti presi dalla loro voglia bulimica di fare scorpacciate di Italia, Italian style, il sapore del Bel Paese. E qual è la differenza fra questo e un taxista che fa pagare la corsa 3 o 4 volte il prezzo del tassametro, allo stessa turista Giapponese in estasi? Se le cose non stanno così, qualcuno mi aiuti a vedere le cose in modo meno tetro, al netto delle tante iniziative che in esso vengono proposte, incontri, festival, corsi di formazione….

A proposito, ci sono capitato in occasione del Festival NOBILITA. In realtà ci sono capitato per completare i Crediti Formativi previsti dall’Ordine dei Giornalisti per tutti gli iscritti. Nonostante diffidi dai centri commerciali – perché di questo stiamo parlando – avevo un motivo sufficiente per entrarci, per cui mi sono detto ok andiamo! Ma quando all’ingresso ti trovi bombardato da cartelloni pubblicitari i cui payoff contengono testi che recitano  “FICO ti accoglie con le *emozioni del gusto. *Il costo di un’emozione è 7 euro per gli adulti”, capisci di essere in un posto che non merita pietà. Il Farinettismo, che aggiunge marketing – o storytelling nella più becera delle rappresentazioni – a un prodotto qualunque che, proprio per questo vede il proprio prezzo levitare, è destinato a soccombere. Tanto che FICO Eataly World è oggi una cattedrale nel deserto, tenuto in piedi dagli investimenti pubblici di una regione che non potrà farlo in eterno…

La ricerca delle emozioni finalizzata alla vendita dicevamo, senza filtro, senza stile è qualcosa di nauseante, che non merita altro che disprezzo. Probabilmente questo risentimento e questa severità risiedono nelle ragioni che a livello professionale mi portano a dover spesso fare i conti con queste atmosfere, questo modo di lavorare e queste formule. Mentre gli speaker del panel sullo smartworking affrontano temi che nulla hanno a che fare con il mestiere del giornalista, motivo per cui mi trovo qui, nonostante non pratichi attivamente la professione da ormai 10 anni, leggo “Una cosa divertente che non farò mai più” di D. F. Wallace e penso: in fondo a volte basta solo un po’ più di voglia di sdrammatizzare. Tutto vero, ma se la giornata non è quella giusta, diventa tutto molto più difficile.

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