19 Mag “Chi inquina paga”: la storia travagliata dell’Emission Market
Sono passati oramai 14 anni, da quando nel 1996 la UE pubblicò la Direttiva 96/61/CE (Direttiva IPPC) che stabiliva una serie di regole comuni per il rilascio delle autorizzazioni alle installazioni industriali in Europa. L’acronimo IPPC significa “Integrated Pollution Prevention and Control”,e riguarda la prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento sui due importanti versanti degli inquinanti propriamente detti (SO2, NOx, Particolato, etc.) e dei gas climalteranti come la CO2 .
La Direttiva IPPC, per l’ampiezza dei processi che interessava e per le notevoli attività di censimento e di raccolta dei dati di emissione dei singoli processi necessarie per l’attuazione, è stata recepita in Italia con diversi atti legislativi che hanno portato alla costituzione di autentici Registri delle Sorgenti di Emissione. Dal livello regionale con gli IRSE (Inventari Regionali delle Sorgenti di Emissione), passando per il livello Nazionale con INES (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti) ed arrivando al livello comunitario con EPER (European Pollutant Emission Register).
Successivamente, i livelli nazionale ed europeo (EPER e INES) sono stati integrati nell’ambito del Regolamento (CE) 166/2006, dando origine al Registro E-PRTR (European Pollutant Release and Transfer Register) andando a costituire così il nuovo registro integrato delll’Unione Europea. Il Registro E-PRTR anche sulla base della Convenzione di Aarhus (Convention on Access to Information, Public partecipation in Decision-making and Access to Justice in Environmental Matters), sulla trasparenza nell’accesso ai dati ambientali per il cittadino , ha ampliato l’orizzonte del vecchio registro EPER, con contenuti informativi che saranno sempre più accessibili al pubblico.
Molti gli orizzonti aperti da quella direttiva madre che tendeva a non confinare i singoli impatti nell’ambito delle varie matrici ambientali come aria, acqua e suolo, fino ad allora gestiti con approcci “stagni” ma bensì con un’approccio integrato. Alcuni dei più significativi ambiti affrontati, sono stati, per esempio, la definizione e la gestione evolutiva dei criteri legati alle B.A.T., vale a dire allle Best Available Technologies, note anche, con acronimo italiano di M.T.D. (Migliori Tecnologie Disponibili), fondamentali nel processo di miglioramento continuo delle performance ambientali dei processi industriali e non solo (significativi anche i riferimenti ad importanti settori dell’agricoltura come l’allevamento intensivo dei suini).
In mezzo a tutto questo, dopo i dettami del protocollo di Kyoto (1997), ecco la Direttiva 2003/87/CE meglio nota come Direttiva “Emmiisson Trading”, sinonimo di “Mercato delle emissioni e strumento amministrativo utilizzato per controllare le emissioni di inquinanti e gas serra a livello internazionale attraverso la quotazione monetaria delle emissioni stesse ed il commercio delle quote di emissione tra stati diversi.
La direttiva prevede che dal 1º gennaio 2005 nessun impianto che ricada nel campo di applicazione della stessa (settore energia, industria siderurgica, dei prodotti minerali, ceramica e della carta), possa emettere gas a effetto serra, ossia possa continuare ad operare senza un’apposita autorizzazione. La prima fase prevedeva che entro il 28 febbraio 2005 a tutti gli impianti che ricadessero nel campo di applicazione della direttiva fossero rilasciate quote di emissione di CO2 per consentire loro di partecipare al mercato di scambio comunitario. La direttiva parte dal presupposto che lo scambio di diritti di emissione costituisce uno strumento efficiente delle politiche ambientali e attraverso lo scambio di quote di emissioni le riduzioni di emissioni avranno luogo su tutta la comunità. Ogni gestore che non restituisca un numero di quote di emissioni sufficienti a coprire le emissioni emesse durante l’anno precedente sarà obbligato a pagare un’ammenda per le emissioni in eccesso pari a 100 euro per tonnellata (in precedenza, nel triennio 2005-07, la somma era 40 euro per tonnellata).
La Direttiva ha portato quindi alla costituzione di EU ETS (EETS – European Emission Trading Scheme) come meccanismo regolatore del Mercato delle quote di Emissione, strumento fondamentale anche per una integrazione delle politiche energetiche nell’ottica dello sviluppo delle fonti rinnovabili, coniugato ad una profonda rivisitazione ed innovazione dei processi nell’ambito delle energie convenzionali, basate sui combustibili fossili.
In questo ambizioso ma tortuoso camino dello strumento di mercato, si frappongono anche truffe informatiche come quella avvenuta nell’ambito del mercato delle emissioni tedesco, che, come operazioni speculative, non hanno risparmiato i mercati economici principali con i crack finanziari che hanno dato il loro fondamentale contributo alla crisi economica che stiamo vivendo, non hanno risparmiato, attraverso atti di pirateria informatica nemmeno il mercato telematico messo in atto per la gestione delle quote di emissione.
In questo senso, per l’EU-ETS, dopo un mercato stagnante come quello del 2009, e con un 2010 che si preannuncia comunque di stabilizzazione, Bloomberg, dal suo punto autorevole di osservazione fa previsione interessanti a partire dal 2011 e verso il 2020.
fonte www.investireoggi.info
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